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Periodo "Cupo" (1967-1969)

                                                      (LA DECADENZA SPIRITUALE)

 
     Da molti anni ho cominciato ad osservare la natura, a studiare la mentalità dell’uomo e la sua condizione. Ho cercato me stesso scavando nella mia coscienza il giusto e l’ingiusto. L’esperienza mi insegna che il primo critico per un artista è se stesso, perciò mi sento obbligato a parlare della mia pittura che mi ha portato a considerare la natura rivoltata.
     Nel periodo “CUPO” si è dentro e fuori nella cecità, nell’arsura, con le facce scavate, tormentate e imprigionate che escono dalle caverne, bocche di luce accecante, in una costruzione solida e indemoniata di esseri diversi che dagli occhi cavernosi emanano una luce limpida in un clima di tristezza millenaria, che può sembrare uno spauracchio fermo nel tempo minaccioso del tragico presente e futuro. 
   Spesso traspare la desolazione assoluta, l’assenza dell’uomo dal tremendo luogo a cui tuttavia è ugualmente attaccato per sopravvivere, perché è tutto un impasto in questa natura. Tutto ciò diventa ossessione e maledizione di attualità. Le opere annunciano una redenzione umana mai udita.
     La mia pittura indubbiamente complessa, tocca i vertici della vita, nella quale ogni giorno percorriamo baratri di luce, ma anche trabocchetti della disperazione; il richiamo al primitivo, alla condizione di vita e mentale che rimane una piaga perpetua senza riscatto.
      L’uomo è morbosamente ecclissato e gli viene data la vista nella sua condizione paralitica con la bocca contorta che rigetta la luce con un grido di dolore, ma ha bisogno di sapere, liberarsi dal caos, convertirsi alla ragione. L’uomo è la figura predominante tra gli animali, e non è un estraneo tra loro, ma è ancora nella giungla, in una giungla bruciata dall’aspetto tenebroso, in un disamore d’immagini ognuna estranea all’altra, un accordo di colore nelle sfumature che è un accordo di sfiducia totale, delusione e rassegna-zione in un mondo infelice nel risveglio dal sogno di morte, in questa realtà mordente.
      Oggi vediamo questi quadri con un occhio diverso da quello con cui li si vedrà domani, secondo la mentalità, la cultura, le eveni-enze; e vediamo l’uomo che per vivere fa il mostro ed in questi quadri lo vediamo sotto diversi aspetti. Queste facce o maschere del dolo-re dell’esistenza sono messaggio di ogni male: una società bloccata nelle tombe, una società sopraffatta dalle circostanze e da tutto ciò che assilla.
  Spesso appaiono mostruosi pipistrelli che aggrediscono e scatenano grandi tensioni. La esistente cecità sociale e la disumanizzazione che viene espressa nei dipinti dagli esseri presenti, fanno intendere che con l’andare del tempo nulla muterà.
   Dopo oltre vent’anni di ricerche e di risultati sostanziali, sono arrivato a questo sommo risultato trepidante con un vigore di larghe spatolate e densità di costruzione neorealistica, con una fantasia istintiva che la moda non è riuscita a degenerare per l’autenticità.
     La superficie mossa, semplice e arieggiata è di sepolcrale sotterraneo dello spirito. Tutto sommato si potrebbe dire che si è schedati in un archivio di patologia, o in un deposito di diversi periodi di pittura profetica e ognuno può ritrovarsi in uno di questi molteplici sintomi.
                                                                                                                                                               Nunzio Perrucci
 
(N. 60 opere circa)

 

Chi Siamo

Esposizione in permanenza delle opere di scultura, pittura e grafica dell’artista poliedrico e poeta Nunzio Perrucci (1930-2023), precursore dell’attuale movimento artistico materano, in una superficie di circa 175 mq suddivisa in 10 ambienti in cui sono rappresentate le diverse tappe di un percorso artistico di circa sessant’anni che vanta una produzione di oltre 1500 opere.

 

Indirizzo

Via Piave 39
Matera, MT 75100
Italia

Telefono

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E-Mail

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